1998
Convegno “Ibridazioni” presso il Museo di Scienze Naturali di Milano a cura di Eleonora Fiorani
“Kiss Me, Stupid!”
cm. 40x82x10; Milano, 1997
“Trip in the USA”
cm. 46x90x12; Milano, 1997
“Comunion mobile”
cm. 42x44x42; Milano, 1998
“Jesus online”
cm. 32x55x9; Milano, 1998
1999
MiArt, Fiera dell’Arte di Milano, nella sezione “Babel” a cura di Philippe Daverio, con 2 Totem in apertura mostra. “Alice in Wonderland e “Time Machine”
“Alice in Wonderland”
cm. 44x60x46; Milano, 1997
“Time Machine”
cm. 29x56x29; Milano, 1997
Kitsch, le scioccanti menzogne dell’arte contemporanea Quando il disgusto diviene un stile – o meglio, un “non-stile” – anticonformista, gusto per l’eccesso della provocazione, svuotato del suo contenuto segnico originale. Il “kitsch patinato” di Damien Hirst e compagni, emblema della riproducibilità mediatica del banale. L’esempio di Rudy van der Velde, che assembla oggetti del quotidiano, intesi come feticci della comunicazione, della moda e del costume Tra gli artisti degli anni ‘80-‘90, rappresentativi dell’estetica contemporanea del kitsch si ricordano, oltre a Hirst, Jeff Koos, Luigi Ontani, Maurizio Catelan, Enrica Borghi, Martin Kippenberger, Rosemarie Trockel, Johon Bock, Sarah Lucas, i fratelli Chappman, Marc Dion, Katharina Fritsch, e tanti altri cultori dell’oggetto-feticcio decontestualizzato. Esaltano l’oggetto come “impero dei sensi” gli artisti cinesi e giapponesi, che sembrano aver scoperto il loro straordinario potere di generare totem della comunicazione e di mettere a confronto due universi: il prodotto e l’arte.
Continua
Nascondi
2000
Recensione di Jaqueline Ceresoli per Stile Arte.
Jacqueline Ceresoli
Storico e critico dell’arte. Docente di storia della moda e del costume presso l’Accademia di Brera, tiene corsi di archeologia industriale all’Istituto Europeo del Design a Milano.
Secondo lei, che cos’è un artista oggi? Penso che come Dio (almeno quel dio), l’Artista (almeno quell’artista) sia morto; penso che l’artista oggi sia più che altro un manipolatore della comunicazione: alternativo, critico e dissacrante. Che si sforza di vivere e sentire diversamente quella pappa omogenea che ci sommerge cercando di stare il più possibile lontano dai finti mercati e falsi mercanti. Mantenendo invece uno sguardo incantato e uno spirito disincantato sulle cose che nascono, vivono e muoiono sempre più veloci attorno a questa nostra anima antica, sempre più frastornata. Come nascono le sue creazioni-creature cosiddette “New Kitsch”? Amo sedermi lungo il canalone dove oggi tutto scorre. L’immenso rigurgito di cose e oggetti vomitati incessantemente da mercati più o meno lontani: Corea, Cina, Indonesia, ma anche Nord Africa, Europa dell’Est. Roba futile che nasce e muore nell’arco di pochi mesi: giraffe e dinosauri, gondole, perline, santini, robot, ecc. Osservo estasiato la velocità e la varietà. Ogni tanto ci caccio dentro una mano, tiro su, metto da parte. Un giorno, chissà, quella robaccia mi farà venire voglia di costruirci qualcosa…d’altro. E’ sempre una gioia veder nascere quella cosa che, in un nuovo tutt’uno ingloba centinaia di oggettini appena-nati-già-vecchi. Lei è poco conosciuto nei circuiti “ufficiali”. E’ una scelta? Sì, è una mia precisa scelta; una scelta di libertà. Desidero poter spaziare in tutta libertà e leggerezza. Infatti mi definisco un artigiano che si diverte, trovando nella manipolazione l’allegria del fare, e nel prodotto che nasce la libertà di esprimermi, un atto oggigiorno davvero rivoluzionario. Da: Mood, nr.20/2001
2001
Intervista dal titolo “Ogni civiltà ha gli oggetti che si merita” per Mood Magazine

2002
Mostra collettiva presso Fondazione Mudima dal titolo “Detti e Visioni dell’Oggi”. Installazione “Me and my Time Machine”. Installazione di una serie di opere New Kitsch, prodotte nell’arco di 5 anni ed assemblate insieme.
“Rudy, Il bambino”
Foto originale di Rudy van der Velde a 5/6 anni, in bianco/nero, colorato a mano. Usata ampiamente a partire dal 2001 in tutte le sue mostre, oltre alle sue opere New Kitsch. Sul retro della maggior parte di esse, si trova un wall-paper On Demand della Jannelli&Volpi, riproducendo centinaia di piccoli Rudy a pattern.
“Angel of War”
cm. 28x28x18; Milano, 2001
“Light Me Up, Madonna”
cm. 24x44x24; Milano 1999
“Gondola”
cm. 60x44x40; Milano, 1999
Le camere delle meraviglie di Rudy van der Velde: La Vita e il Sogno Bonito Oliva ha scritto: “L’artista si erge a fondatore di un territorio magico abitato da un’imprevista opulenza di un linguaggio oggettivato in una forma lampante”, a proposito del nomadismo ed eclettismo stilistico della transavanguardia. E ben si attaglia, a me pare, questa sua osservazione sull’invenzione e il modo di operare da bricoleur di Rudy van der Velde, art director nella vita, artista da sempre nell’anima, in una sorta di seconda vita, solo a tratti resa pubblica, ma perseguita con tenacia, dalle sperimentazioni surrealiste, nel tempo dei provos, all’attuale fase di manipolazione di oggetti.
Continua
Nascondi
Recensione di Eleonora Fiorani
Epistemologa e saggista, ha indagato gli oggetti, i materiali, le territorialità, gli immaginari delle società postmoderne. Insegna antropologia al Politecnico e semiotica all’Istituto Europeo di Design e alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
2004
Trasmissione Tv di Rai3 Italia, nel programma “Passepartout” condotto dal critico e storico dell’arte Philippe Daverio. Nello stesso anno, il libro “Arte stupefacente”, Edizioni G.Mazzotta, sempre di Philippe Daverio